mercoledì 6 marzo 2013

Carne equina, animalisti in campo

Mobilitazione Fiadaa . Italia Paese che vanta il record delle importazioni di carne equina

Carne equina, animalisti in campo:
«Tutelare i cavalli come animali di affezione»

Una proposta di legge sarà presentata da Michela Vittoria Brambilla il primo giorno di attività del nuovo Parlamento


Una fase cruenta della macellazione di un cavallo Una fase cruenta della macellazione di un cavallo
Subito la richiesta ai ministri della Salute e delle Politiche agricole di un blocco cautelativo delle importazioni di cavalli vivi o di carne di cavallo macellata dall'estero, perlomeno da quei Paesi che non sono in grado di fornire garanzie sulla qualità della filiera produttiva. E tra pochi giorni, già in occasione della prima seduta del nuovo Parlamento, un disegno di legge per chiedere la trasformazione di tutti gli equidi - quindi non solo cavalli, ma anche asini, muli e bardotti - come animali da compagnia e vietarne quindi la macellazione, il consumo a fini alimentari e l'utilizzo in spettacoli o manifestazioni che comportino pericoli per la loro salute. Mentre ancora non si spengono gli echi delle polemiche per la presenza di carne equina rinvenuta, anche in Italia, in prodotti semilavorati dove non avrebbe dovuto essercene traccia, i gruppi animalisti italiani riuniti nella Federazione italiana associazioni diritti animali e ambiente (Fiadaa) hanno deciso di dichiarare guerra. Alla mancanza di normative chiare che permettano di tutelare gli animali e i consumatori. E alla cultura dominante che considera il cavallo quasi esclusivamente come oggetto di sfruttamento, sia esso nei banconi di una macelleria o nelle scuderie dell'ippica professionistica, senza contare circhi, palii e servizi innaturali di trasporto, come il traino delle botticelle per turisti.


«BATTAGLIA DI CIVILTA'» - «È giunto il tempo per una battaglia di civiltà senza colori politici e senza pregiudizi ideologici - commenta Michela Vittoria Brambilla, presidente della Federazione e deputato del Pdl, che ha firmato il progetto di legge che potrebbe essere il numero 1 della nuova legislatura -. L'Italia detiene un primato vergognoso e incivile. Può decidere di continuare a detenerlo, ma ci sia almeno la consapevolezza di cosa c'è dietro». Il primato è quello che vede il nostro Paese al primo posto nell'importazione di carne di cavallo a livello europeo: ben il 61% di quella prodotta o commercializzata nel vecchio continente finisce nel territorio italiano, soprattutto nelle regioni del Sud dove il consumo è particolarmente elevato. E quello che c'è dietro è il business delle macellazioni di cavalli che avviene in maniera poco trasparente e con gravi ripercussioni sia per gli animali sia per l'uomo.
Il presidente di Italia Horse Protection, Antonio Nardi Dei, e l'on Michela Vittoria BrambillaIl presidente di Italia Horse Protection, Antonio Nardi Dei, e l'on Michela Vittoria Brambilla
QUESTIONE DI BUSINESS - A chi non fosse chiaro, il vero problema dei rinvenimenti di carne equina in lasagne o tortellini non è il fatto che sia cavallo e non manzo che all'atto pratico, infedeltà dell'etichettatura a parte, potrebbe anche non cambiare molto una volta che si è deciso di non essere vegetariani o vegani. La vera questione è il perché vi siano questi corpi estranei nei semilavorati e, soprattutto, quale possa esserne la provenienza. «Non è difficile da intuire - sottolinea ancora l'on. Brambilla -. La mancanza di leggi chiare in materia, ad esempio il fatto che non sia obbligatoria la tracciabilità della carne equina diversamente da quanto avviene con quella di manzo, rende molto semplice destinare all'industria alimentare quegli animali che, terminata la carriera sulle piste degli ippodromi o alla fine di una vita da animale da reddito devono in qualche modo essere smaltiti». Un cavallo vive infatti circa 30-35 anni. Di questi solo una decina sono anni «buoni», per le corse o per altri lavori faticosi, dal traino alle esibizioni circensi. A fine carriera mantenere un cavallo fino alla morte naturale diventa un costo che molti operatori e proprietari preferiscono non sobbarcarsi. Ergo: molto più semplice farlo eliminare in qualche modo, magari dopo avere trasformato l'animale da «non-Dpa» - ovvero non destinato alla produzione alimentare - a «Dpa».

LE CONSEGUENZE PER L'UOMO - «Il passaggio dall'una all'altra condizione non avviene senza conseguenze per l'uomo - sottolinea Antonio Nardi Dei, presidente di Italia Horse Protection -: i cavalli allevati al di fuori delle aziende alimentari e utilizzati ad esempio per le corse possono essere imbottiti di farmaci acquistabili con semplici ricette mediche». Farmaci che poi si trasferiscono nel piatto e di conseguenza nell'organismo umano. «Negli allevamenti dovrebbero esserci migliaia di cavalli in attesa di concludere al pascolo i loro giorni - dice ancora Nardi Dei -, invece di cavalli anziani se ne vedono pochissimi». «Il dramma - riprende l'ex ministro - è che in Italia non si riesce neppure a sapere con esattezza quanti siano i cavalli presenti sul territorio, perché l'anagrafe equina semplicemente non funziona. Ed è in queste pieghe che prosperano quanti vogliono fare i furbi». Di qui il nuovo disegno di legge che prevede, tra le altre norme, anche l'inasprimento delle sanzioni per chi maltratta i cavalli, l'abolizione delle aste di equini di proprietà di enti pubblici e la convenzione con strutture private e l'istituzione di veri e propri pensionati per i quadrupedi. «Il problema - hanno sottolineato i rappresentanti di tutte le associazioni riunite nella Federazione - deve essere visto anche e soprattutto dal punto di vista dell'animale, come essere senziente e come "amico" dell'uomo».

I CONTI NON TORNANO - I numeri diffusi dalla Fiadaa chiariscono bene la situazione: in Italia nel 2010 sono stati importati 51.653 cavalli, di cui cui 50.175 dall'Europa. Quelli macellati sono stati complessivamente 67.005. Da qui si evince come la produzione nazionale sia estremamente limitata, circa 16 mila. Ma attenzione: uno studio del 2008 rivela che in Italia (dati relativi al 2006) i cavalli allevati per la carne non arrivavano a 6 mila capi. Ne consegue che almeno 10 mila animali sono entrati nella filiera alimentare pur non essendo inizialmente destinati all'alimentazione (la certificazione di «non-dap» dovrebbe essere irreversibile) e che i tagli per l'alimentazione provengono soprattutto dall'estero, in particolare da Paesi dell'Est che non danno sufficienti garanzie di tutele per la salute umana. «Il consumatore di carni equine è molto esposto in termini di sicurezza alimentare - conclude Michela Vittoria Brambilla -. E nessuno, neppure il ministro, è in grado di garantire che non vengano assunte sostanze nocive e potenzialmente pericolose. Per questo una risposta su questi temi va data oggi. Lasciar passare altro tempo potrebbe essere davvero pericoloso»