martedì 25 novembre 2014

Sequestri di cani in aumento in Lombardia

Cifre da capogiro quelle che riguardano il furto di cani da compagnia, più di 17.000 solo nell’ultimo anno e 2.000 solo in Lombardia. A quanto pare le zone più colpite sarebbero Milano, Como e Varese, dove associazioni e organizzazioni senza scrupoli agirebbero indisturbate, sottraendo i quadrupedi alle famiglie e ai proprietari. Gli animali finirebbero nel giro dei combattimenti clandestini, dei sequestri con unico scopo quello del pagamento di un riscatto oppure la rivendita per l’accattonaggio.
 
 
Un vero e proprio traffico di cani con una certa predilezione per le razze più gettonate e di lusso, con una richiesta esorbitante di soldi. A contrastare questa prassi dolorosa molte associazioni: con il supporto di Facebook, fanno viaggiare velocemente il passaparola così da individuare e recuperare cani rubati e sequestrati. Ultime, ma solo in ordine di apparizione, un duo di amiche che hanno lanciato la community Cani Rapiti. Franca e Maria Luisa, molto attive nel settore, vogliono far evolvere il tutto aprendo un sito e creando un database, con le schede di tutti i quadrupedi smarriti o trafugati ma anche recuperati.
 
L’idea nasce dall’esperienza personale di Franca, che due anni fa ha recuperato e consegnato personalmente un cagnolino:
Era un maltesino come i miei e il destino ha voluto si chiamasse proprio Cesare come il mio. Lo notai tra le braccia di un questuante e mi insospettii. Non lo persi di vista finché un veterinario dell’Asl non intervenne insieme alle forze dell’ordine per identificarlo. Dalla lettura del microchip risultò essere stato rubato in una casa, durante un furto, a 250 chilometri di distanza.
 
Spesso l’azione del sequestro avviene in modo rapido: basta un avvicinamento con carezza e il gioco è fatto. I più colpiti i proprietari al parco oppure in giro per una passeggiata, ma in voga anche i furti in appartamento specialmente di cani di grossa taglia. L’obiettivo è quello di creare un vero e proprio database a cui attingere in caso di emergenza:
Oltre al database per facilitare le ricongiunzioni, ci piacerebbe coinvolgere le istituzioni in una battaglia seria e determinante per la riduzione del fenomeno: l’introduzione di un vero e proprio reato di rapimento anche riferito agli animali [...] Vorremo poi che anche gli agenti di polizia locale fossero dotati di lettore di microchip, in modo da rendere più facile e immediata l’identificazione dei cani, quando vengono denunciate situazioni come quelle dell’utilizzo degli animali nell’accattonaggio.
Le due donne hanno già creato un piccolo archivio online, coinvolgendo forze dell’ordine ed esponenti politici così da divulgare il più possibile l’utile iniziativa.

lunedì 24 novembre 2014

Animali: strage di leoni marini in Perù

Circa 500 leoni marini sono stati trovati morti su una spiaggia della costa settentrionale del Perù e le autorità locali hanno aperto un’indagine, accusando i pescatori di aver avvelenato gli animali. I leoni marini, infatti, rappresentano un ostacolo per la pesca, perché si avvicinano alla costa a caccia di cibo, ma la polizia ambientale peruviana sta controllando anche altre possibili cause delle morti, incluse malattie e ingestione accidentale di plastica.

 I cadaveri dei mammiferi marini sono stati scoperti sulla spiaggia di Anconcillo nella regione di Ancash, a 400 chilometri a nord della capitale Lima. Secondo l’agenzia Andina, i leoni erano sia esemplari giovani che anziani.

 All’inizio di novembre si era verificato un caso simile nella regione di Piura, poco più a nord, dove sono stati ritrovati circa 200 esemplari morti fra leoni marini, delfini, tartarughe e pellicani. Due anni fa, centinaia di delfini vennero trovati morti lungo la costa del Perù e per le associazioni ambientaliste vennero uccisi dalle esplosioni effettuate nel corso di alcune esplorazioni petrolifere. Circostanza smentita dall’Istituto marittimo (Imarpe), per il quale si trattò di morti per cause naturali.

venerdì 21 novembre 2014

L'amore (per gli animali) di Elisabetta Canalis

L'amore (per gli animali) di Elisabetta Canalis

 Non solo ha due pinscher, Piero e Mia, che porta sempre con sé, ma Elisabetta Canalis si batte attivamente per la difesa degli animali. E sostiene un canile di Los Angeles

 
 
Piero e Mia sono i due cani pinscher di Elisabetta Canalis. Amici 4zampe inseparabili, che la seguono dal letto di casa all'aereo per spostarsi tra l'Italia e l'America.

Protagonisti di tantissimi scatti su Instgram, in posizioni buffe e mentre si fanno coccolare.

Ma loro non sono gli unici cuccioli nel cuore di Elisabetta. Che proprio recentemente ha pubblicato le foto di alcuni cani del Los Angeles Animal Service, che lei stessa sostiene.

Come non aveva esitato a mostrarsi nuda per la Peta, l'organizzazione no-profit che si batte per il trattamento equo degli animali.

Anche l'incidente che ha coinvolto un cavallo che trainava un calesse a Roma ha attirato l'attenzione della Canalis che ha scritto su Instagram: «È giusto che nel 2014 nelle grandi città siano ancora permessi i calessini trainati da queste povere bestie? Questo è il risultato. Non solo soffrono perché costrette a correre tra macchine, tram e motorini, ma diventano un pericolo per tutti oltre che una cosa totalmente inutile per i cittadini. Oggi un cavallo è crollato durante un "turno" di lavoro e di conseguenza son stati sequestrati altri 2 cavalli a dei proprietari di calessini poiché tenevano gli animali in condizioni estreme. Abbiamo ancora molto da fare per essere un paese modello ma perché non differenziarci da quelli del Terzo Mondo iniziando da situazioni come queste?».

mercoledì 19 novembre 2014

Studiare i gatti fa bene

Studiare i gatti fa bene

Incontro con Barbara Gandolfi, biologa italiana che fa ricerca sui gatti presso l'Università del Missouri

 
di Stefano LamorgeseQualche giorno fa avevamo parlato di un'interessante ricerca sul genoma dei gatti Comparative analysis of the domestic cat genome reveals genetic signatures underlying feline biology and domestication che metteva in luce alcuni aspetti specifici del processo di domesticazione della specie.

Oggi incontriamo uno dei ricercatori che hanno partecipato allo studio. Si chiama Barbara Gandolfi, è una biologa italiana che lavora presso l'Università del Missouri. Il suo percorso formativo - quello di una "scienziata" - presenta alcuni caratteri originali che, con buona pace della "Buona scuola" del governo italiano, mettono in luce alcune virtù neglette del nostro sistema formativo.


Cremonese, biologa, 35 anni. Una laurea, un master, un dottorato. Milano, Spagna, California. E ora nel Missouri. Ha già una carriera ricca di soddisfazioni. Può raccontarci in breve il suo percorso d'istruzione?
Ho iniziato a coltivare la passione per la scienza (e soprattutto le biotecnologie) durante le scuole superiori, ho frequentato il corso di chimica e biologia alla scuola professionale Ala Ponzone Cimino. Ho avuto grandi professori che mi hanno insegnato a usare la mente e a credere in me stessa. Alla fine del quinto anno, con grande supporto di tutti i docenti della scuola, ho fatto il test di ammissione alla facoltà di 'Biotecnologie' a Milano (Interessante. In Germania, tanto per fare un esempio, uno studente che frequenta la scuola professionale non può iscriversi all'università, ndr). Ho avuto la fortuna di incontrare docenti appassionati, con grandi capacità e conoscenze scientifiche.

E dopo la laurea?
Grazie a una borsa di studio (parte del progetto Leonardo) ho iniziato la mia avventura in terra Iberica. Dopo i primi 6 mesi "sponsorizzati", ho ricevuto una proposta di contratto per rimanere in Spagna e ho accettato. L'esperienza ha fruttato un brevetto e l'invenzione di un vaccino. Ma mancava ancora l'inglese. Non si può comunicare la scienza e le invenzioni senza parlarlo. E così ho colto al volo una opportunità che mi è stata offerta dall'Università di Milano. Un dottorato di ricerca (PhD) sponsorizzato dall'Italia ma con esperienza all'estero. Fu allora, nel 2007, che la ricerca sui gatti è entrata nella mia vita.

 In seguito ho ricevuto l'offerta della dottoressa Leslie Lyons per un altro dottorato, sempre sui felini. E poi, eccomi qui: all'età di 34 anni ho accettato l'offerta dell'Università del Missouri-Columbia, per una posizione di assistente al professore.

Dalla "bassa padana" al Midwest: da una pianura densa di storia alla rarefazione degli spazi americani. Dall'antico Eridano, il Po, al possente Missouri... Due grandi fiumi segnano la sua esistenza: ci ha mai pensato? E quale effetto le fa?

 Ogni volta che attraverso il fiume Missouri mi ricordo del Po e ogni volta che attraverso il Mississipi mi ricordo di tutti western che crescendo ho guardato con mio padre.

Se non ho letto male nei suoi curricula, lei è passata dallo studio della vacca chianina (che Iddio ce la conservi) ai gatti. Il cambiamento di volume dei soggetti studiati ha qualche connessione con un mutamento dei suoi interessi?

 Non sempre nella scienza c'è un cammino diretto verso i nostri interessi e le nostre mete. Si intraprende un cammino e si cerca di modificarlo. In generale il mio interesse è quello di trovare soluzioni alle malattie...non mi importa in quale specie...l'importante è correggere i difetti genetici, molti dei quali sono causati dall'uomo stesso e da metodi di selezione spietati.

L'università del Missouri ha una mascotte digitale, Mizzou, una tigre. Tigri, gatti... sono fissati con i felini?

 L'università del Missouri ha come mascotte Truman the Tiger, lavoro sui gatti e il nostro laboratorio, gestito dalla dottoressa Lyons, si chiama "Lyons Den". Nella "tana dei leoni", anche se in inglese leone è scritto "lion" invece che "lyon", ma ci piace il gioco di parole... Insomma mi sembra un segno, devo continuare la ricerca sui felini!

Veniamo allora ai gatti. Con la vostra ricerca gettate una luce sulla storia del rapporto tra noi (umani) e loro (i felini). Poiché ci sono molti amanti dei gatti, immagino che il vostro lavoro abbia suscitato molto interesse. È una sensazione sbagliata?

 Abbiamo ricevuto moltissima attenzione dai media e dai social network. Il nostro articolo si è piazzato nono nella storia di tutti gli articoli pubblicati su "Proceedings of the National Academy of Science" (PNAS), una rivista estremamente famosa nel campo della ricerca.

Quel è stato il suo ruolo nella ricerca?
Ho contribuito con l'analisi del fenotipo "guantini bianchi" nella razza Birmana. Il colore bianco nel gatto, o meglio l'assenza del colore, è associata con l'assenza di migrazione di cellule chiamate melanociti (che producono pigmento). La migrazione dei melanociti avviene a livello embrionale, per cui tutti i fattori e geni che ne controllano la migrazione sono di grande interesse. Le stesse cellule migrano nella coclea (orecchio) per cui il mantello bianco è spesso associato alla sordità. Con la dottoressa Lyons abbiamo anche contribuito all'interpretazione delle analisi di selezione: cioè quali parti del genoma felino sono state sottoposte alla domesticazione.

Chiunque abbia mai convissuto con un gatto lo sa: sembra proprio che siano animali "semi-addomesticati". In questo risiede la ragione profonda della loro... "alterigia". Lei è una scienziata, può spiegare il concetto?

 Se vogliano addomesticare un Mustang (un cavallo selvaggio) o dei cani, gli animali vengono abituati alla convivenza con l'uomo. I cambiamenti provocati dalla domesticazione sono notevoli nel loro comportamento, nell'aspetto e nella fisiologia. Attraverso la domesticazione l'uomo ha conseguito mezzi di trasporto (per esempio cavalli), cibo (allevamenti), animali da compagnia o da caccia (cani), insomma l'uomo con il suo intervento ha cambiato e selezionato determinati pool genetici per ottenere animali corrispondenti alle sue necessità. I gatti non sono stati addomesticati dall'uomo. Non è stato un evento attivo. Sono animali semi-domestici: con l'avvento dell'agricoltura e del grano la popolazione di topi ha iniziato a crescere troppo velocemente. I gatti hanno iniziato ad avvicinarsi agli allevamenti agricoli proprio a causa della presenza di topi. È il gatto che ha iniziato a tollerare la presenza umana e l'umano ha fatto i conti con lui. Entrambe le parti hanno avuto un vantaggio, senza prevalere l'una sull'altra. Insomma: l'uomo non ha attivamente addomesticato il gatto: è stato il gatto che ha addomesticato se stesso.

Quali rapporti intercorrono tra la biologia umana e quella dei gatti? Perché è importante studiare l'ereditarietà di alcune patologie feline?

 Devo rispondere spesso alla domanda: "perché proprio i gatti?"

 Il nostro laboratorio studia malattie ereditarie, molte delle quali sono associate con la consanguineità. Nel momento in cui una razza di gatti viene creata determinati pool genetici, associati con aspetti estetici, vengono arricchiti all'interno della razza spessa. Per esempio, tutti i gatti persiani hanno il pelo lungo, tutti i Birmani hanno i piedini bianchi, tutti gli Sphynx sono privi di pelo... Spesso come ben sappiamo l'accoppiamento e la riproduzione tra consanguinei comporta l'arricchimento di tratti genetici deleteri. Infatti molti persiani hanno cisti renali e gli Sphynx sono cardiopatici... Noi cerchiamo quella mutazione, quella base nel DNA associata con la malattia. Una volta identificata, si sviluppa un test genetico che viene offerto agli allevatori che possono testare ed escludere dalla riproduzione gli animali portatori delle patologie. Nel caso della retinite pigmentosa o delle cisti nei reni, i gatti sono ottimi animali-modello per lo studio di terapie geniche mirate a curare la cecità o la progressione delle cisti nei reni.

E la gattina Cynnamon?
Cynnamon purtroppo non è più in vita. Ha fondato una colonia di gatti molto importanti nella ricerca della retinite pigmentosa nell'uomo. Dopo essere deceduta per cause naturali, parte dei suoi tessuti sono stati usati per generare il genoma del gatto. Sicuramente è un gatto che ha segnato l'evoluzione della ricerca genomica e biotecnologica!

Italia-Usa. La domanda più ovvia: perché negli Usa? Solo fuori dall'Italia, ormai, si può vivere dignitosamente facendo ricerca?
Quando dicono che l'America è il paese delle opportunità dicono il vero. Se hai voglia di fare sei premiato: lavoro e conoscenza sono premiati a dovere, anche economicamente. Già durante il dottorato il mio stipendio era migliore di quello di molti professori in Italia. Ho incontrato moltissimi italiani all'estero. Ho sentito pronunciare la stessa frase da tutti: se potessi tornerei domani. Abbiamo tutti molta nostalgia... Dopo 8 anni oltreoceano mi sento sempre molto italiana. Mi manca soprattutto l'aspetto sociale e la mia famiglia. Senza parlare del sorriso della mia nipotina! Ma non c'è possibilità nel nostro paese. Ho studiato molto, ho lottato e sono arrivata dove sono. Posso permettermi molte cose e soprattutto posso permettermi di poter aiutare coloro a cui tengo. Il mio sforzo non ha prezzo, è una vergogna essere pagati così poco, in Italia.

Come è regolato il suo rapporto di lavoro?
Il mio contratto è solo per la ricerca, anche se volontariamente mi offro di fare lezione con docenti che sono aperti e disponibili a lasciarmi comunicare la mie conoscenze sui felini. Si tratta di un contratto quinquennale, ma nel frattempo se si apre una posizione a tempo indeterminato posso presentarmi. Sono qui nel Missouri da soltanto un anno e sto ancora imparando molto, per cui prevedo di rimanere per almeno altri due anni. Poi, certo, sono aperta a cercare posizioni a tempo indeterminato: ci sono tanti posti magnifici in questo stato che devo ancora esplorare.

Quanto guadagna?
Lo stipendio è di 80.000 dollari lordi l'anno, con un 2% di aumento annuo. È nella media per la mia posizione. Non so quanto prenda un ricercatore, in Italia, ma dubito oltretutto che ci siano molte posizioni simili.

Dove vive?
Vivo in una villetta bellissima, in affitto. Non posso prendere casa prima di ricevere il mio permesso di residenza (dovrebbe essere questione di mesi!). Ho tre bellissimi gatti (ovviamente!) e una macchina gialla sportiva.

Ultima domanda, forse la più rivelatrice. Scelga: Ugo Tognazzi o Mark Twain?
Ovviamente sono dalla parte di Ugo!

martedì 18 novembre 2014

Combattimenti cani-cinghiali

Combattimenti cani-cinghiali, la Forestale denuncia sette persone a Perugia

Per gli organizzatori di sfide e competizioni tra animali è prevista la reclusione da uno a tre anni e multe fino a 160 mila euro.
 
                         
 
Avrebbero addestrato dei cani a combattere contro i cinghiali: per questo la Forestale ha denunciato per maltrattamento di animali sette persone, tra cui alcuni allevatori e proprietari di cani di razza Dogo argentino residenti in Umbria, Lombardia e Marche. Alcuni di loro - hanno appurato le indagini del Corpo Forestale dello Stato di Perugia - registravano con telecamere e cellulari il combattimento. 
 
A far partire le indagini (durate sei mesi e coordinate dalla procura di Urbino) - riferisce la Forestale dell’Umbria - sono state segnalazioni di cittadini, secondo cui da qualche tempo che in alcune zone dell’Umbria, in particolare ai confini con le Marche, si tenevano combattimenti clandestini tra cani e cinghiali. Durante alcune di queste «sfide», nella zona di Cagli, la Forestale aveva scattato delle foto in cui venivano ritratti cani, probabilmente della specie Dogo argentino, intenti a sbranare un cinghiale ed uomini che osservavano la scena. In Lombardia di episodi analoghi il Cfs aveva girato dei video, con immagini dai toni cruenti. 
 
Le indagini hanno accertato che alcuni uomini residenti in Umbria, nel comune di Valtopina, avrebbero fornito ed addestrato cani utilizzati nei combattimenti. 
 
Nell’allevamento umbro, gli agenti hanno trovato anche un esemplare adulto di Dogo argentino che presentava cicatrici recenti, trattate chirurgicamente e compatibili - secondo la Forestale - con i video riguardanti i combattimenti con cinghiali. 
 
Il Dogo argentino è un cane selezionato nella prima metà del `900, in Sud America, per cacciare cinghiali, puma ed altra grossa selvaggina. Cane dalla grande potenza fisica, pacifico con gli esseri umani, ma dotato di grande istinto predatorio al cospetto di altre specie individuate come prede. 
 
Per gli organizzatori di combattimenti e competizioni tra animali è prevista la reclusione da uno a tre anni e multe fino a 160 mila euro. 
 
L’indagine è stata svolta da personale del Corpo forestale di Perugia, Pesaro Urbino, Milano, Lecco, Pavia e dagli uomini del Nucleo investigativo per i reati in danno agli animali del Corpo Forestale dello Stato di Roma. 

lunedì 17 novembre 2014

Gattile allagato per il maltempo

Gattile allagato per il maltempo a Milano:
animali tratti in salvo sui gommoni


Gatti salvati sui gommoni

MILANO - Il maltempo su Milano ha causato non pochi disagi, tra cui l'allagamento del gattile, causato dall'esondazione del fiume Seveso.

Il rifugio degli animali ha subito danni molto gravi e le povere bestiole sono state tratte in salvo da alcuni volontari, trasportate sopra i gommoni. "Ci sono 4 mici dispersi, ma gli altri quasi 150 sono stati tutti spostati, anche i cani del canile sono in salvo. Non finiremo mai di ringraziare tutti gli enti e le persone che ci hanno aiutato stanotte nello spostare i mici, e le associazioni che si stanno dando una mano ospitandoli", hanno scritto i volontari di 'Mondo Gatto' su Facebook.

http://www.leggo.it/

sabato 15 novembre 2014

10 curiosità sui gatti

10 curiosità sui gatti che forse non tutti sanno

I gatti sono adorati da uno stuolo di persone che farebbero tutto per loro: dobbiamo ammettere che i gatti (ma anche i cani) sono bravissimi nell’addomesticarci e nell’educarci a servirli senza battere ciglio! Dei gatti conosciamo molte cose (ma non tutto, naturalmente, visto che Micio è un mistero divino sceso in terra), ma ci sono alcune particolarità e curiosità che forse non sono note a tutti.
  1. Un gatto in forma può raggiungere la velocità di 48 chilometri all’ora, mentre Usain Bolt non raggiunge i 38 chilometri orari.
  2. Il gatto ha tra 60 e 80 milioni di cellule olfattive, mentre noi umani ne abbiamo appena 20 milioni. Grazie a questa caratteristica i felini possono sentire un odore quindici volte meglio di noi.
  3. Fu un gatto a spingere Isaac Newton a inventare la gattaiola.
  4. I gatti usano i baffi (che si chiamano vibrisse) per valutare se possono attraversare uno spazio che sembra loro molto stretto.
  5. Il presidente degli Stati Uniti d’America, Abraham Lincoln (1809-1865) era un gattaro sfegatato. Durante il suo mandato, alla Casa Bianca c’erano quattro gatti.
  6. I mici hanno 32 muscoli in ogni orecchio, il che permette loro di muoverli come se fossero dei radar.
  7. In Gran Bretagna e Asia il gatto nero è sinonimo di fortuna, mentre da noi…
  8. In California, nella contea di Ventura, i gatti (e i cani) non possono avere rapporti sessuali senza che prima ci sia tutta una trafila da compiere (e poi dicono che in Italia siamo vittime della burocrazia!).
  9. I gatti trascorrono il 30% della loro vita a lavarsi, passano circa 11.000 ore a fare fusa e dormono per i due terzi del giorno.
  10. Come per le impronte digitali degli esseri umani, il naso del gatto è unico e diverso da micio a micio.

venerdì 14 novembre 2014

Allevamento lager in provincia di Verona

Allevamento lager in provincia di Verona: sequestrati 50 animali

mercoledì 12 novembre 2014

Quando i gatti cominciarono a fare "miao"

Quando i gatti cominciarono a fare "miao"

Una ricerca statunitense ha analizzato il processo di domesticazione dei gatti, cominciato "appena" novemila anni fa

In equilibrio al tramonto
 
di Stefano LamorgeseGatti ed esseri umani convivono da quasi 9000 anni, ma si sa ancora poco sul processo che portò alla loro domesticazione. Ora uno studio sul genoma felino (Comparative analysis of the domestic cat genome reveals genetic signatures underlying feline biology and domestication), realizzato presso la Washington University School of Medicine di Saint Louis, getta una nuova luce sul tema.

A guardar bene "i gatti non sono del tutto addomesticati", spiega Wes Warren, professore si genetica della Washington University. "Il 'salto' dai gatti selvaggi a quelli attuali è piuttosto recente, per questo è stato utile trovare tracce del processo di domesticazione nel loro DNA".

La ricerca
Uno dei modi per comprendere il processo di domesticazione è l'osservazione di quelle parti del DNA che sono cambiate a causa dei rapporti con l'uomo. Per poter fare un raffronto, si sono presi in esame DNA di gatti domestici e selvatici.

I comportamenti emersi come quelli più modificati dalla convivenza con l'uomo sono corrispondenti a specifici settori del DNA. Hanno a che fare con la memoria, la paura e il rapporto azione/beneficio, una delle chiavi di qualsiasi processo di domesticazione (non solo animale...).

Noi umani abbiamo cominciato ad apprezzare i gatti quando fu evidente la loro attitudine nella cattura dei roditori (i topi) che mettevano a rischio i raccolti. Si ipotizza quindi che i nostri progenitori abbiano cominciato a nutrire i felini perché "frequentassero" le aree destinate allo stoccaggio degli alimenti. Per raggiungere tale obiettivo si innescò il meccanismo della "ricompensa".

I gatti selvatici risposero con discreta disponibilità, così progressivamente abbandonarono la vita solitaria e le strategie di caccia per godere degli incentivi alimentari assicurati loro dall'interesse umano. Col tempo, la nostra specie cominciò anche ad apprezzare la docilità dei felini, selezionando progressivamente le specie meno aggressive.

Il progetto di ricerca
Il progetto di studio sul genoma dei gatti è finanziato dal National Human Genome Research Institute statunitense. Ha l'obiettivo di studiare le malattie ereditarie dei gatti domestici anche perché, in alcuni casi, esse sono simili alle patologie umane.

Cinnamon
Il soggetto preso in esame dai ricercatori della Washington University è una gatta, Cinnamon, di razza abissina. È stata scelta perché è stato possibile risalire per diversi gradi ai suoi antenati e anche perché, poverina, è affetta da una particolare malattia degenerativa degli occhi che i ricercatori hanno voluto studiare da vicino.

martedì 11 novembre 2014

Più di 60 cani trovati chiusi in un appartamento

Più di 60 cani trovati chiusi in un appartamento

Tutti di razza, gli animali trovati dalle guardie zoofile del distaccamento Enpa di Rignano sull'Arno
 
 
IMPRUNETA. Chihuahua, bulldog francesi, cavalier king, shitzu: erano tutti di razza i 66 cani trovati rinchiusi in un’abitazione privata di Impruneta dalle guardie zoofile del distaccamento di Rignano sull’Arno dell’Enpa di Firenze. Gli animali erano divisi tra i due piani e il garage dell’appartamento, ammassati in box artigianali di dimensioni ridotte. «Abbiamo cominciato con i primi appostamenti a settembre, su segnalazione dei vicini che si lamentavano del continuo abbaiare – spiega Alessandro Quercioli, dirigente del nucleo provinciale guardie zoofile di Firenze – ma i proprietari non erano mai in casa. Quando siamo entrati abbiamo trovato questa densità paurosa». I più piccoli erano rinchiusi al secondo piano, la maggior parte degli animali, però, erano confinati al primo: 18 e 26, rispettivamente, i cani rinchiusi in casa. I restanti 22, invece, erano stipati nel garage.

Le indagini sono in corso, ma le razze pregiate degli animali trovati, secondo il dirigente Enpa, sono tipiche di un’attività di commerciale. I cani non erano malati ed erano tutti muniti di microchip. Le deiezioni e lo scarso ricambio d’aria, però, avevano generato un ambiente malsano – oltre l’odore nauseabondo – decisamente inadatto al benessere degli animali. «Non abbiamo proceduto al sequestro perché i cani erano in buone condizioni – prosegue Quercioli -, nonostante le condizioni igieniche della casa. I padroni hanno provveduto a trasferire gli animali in una struttura più adatta al Mugello. Tuttavia gli abbiamo contestato il canile abusivo e la detenzione incompatibile con le esigenze psicofisiche degli animali».
 

lunedì 10 novembre 2014

Disastro ecologico

Disastro ecologico a Maccarese e Fregene, animali e uccelli morti nel fiume Arrone

I ladri hanno bucato la condotta e il carburante si è riversato nel Rio Palidoro e nell'Arrone. Morti centinaia di animali. L'allarme di Lipu e Wwf: "Danno ambientale enorme". Il sindaco Montino: "Divieto di utilizzare l'acqua"

 
 
È un disastro ambientale ed ecologico. Lo sversamento di cherosene nel Rio Palidoro e nel fiume Arrone, causato dai tentativi di furto sull'oleodotto Eni, ha coinvolto diverse zone del comune di Fiumicino, da Palidoro al Villaggio dei pescatori di Fregene, passando per Maccarese. Il cherosene ha raggiunto e penalizzato la rete capillare dei canali agricoli e di bonifica, fino alla foce dell'Arrone, sfiorando le aree naturalistiche.

Moria di pesci
Moria di pesci nei canali mentre decine tra animali e uccelli acquatici, attratti proprio dai pesci sulla superficie dell'acqua, sono rimasti impregnati di carburante e sono morti. "Un disastro ancora impossibile da quantificare", ha commentato il sindaco di Fiumicino, Esterino Montino. Montino ha anche emesso un’'ordinanza di divieto di utilizzo dell'acqua in alcuni tratti dell'Arrone e del Rio Palidoro".

Com'è andata: il furto
I ladri nella notte della bomba d'acqua che ha colpito Roma e il Lazio la scorsa settimana hanno bucato la condotta in quattro punti, a Palidoro, Maccarese, Torrimpietra e Fiumicino, in quest'ultimo caso senza riuscire. Volevano fare il pieno di carburante destinato agli aerei, migliaia e migliaia di litri da rivendere al mercato nero. Ma qualcosa è andato storto, e il cherosene è uscito inondando campi e canali della bonifica nell’area protetta della riserva del litorale romano.

sabato 8 novembre 2014

Ruba cibo per i suoi gatti

Ruba cibo per i suoi gatti: patteggia diciotto mesi

Una carpigiana 56enne nota per il suo “vizietto” è scoperta al Borgogioioso Aveva una spesa di 600 euro di merce comprese tante scatolette per mici
 
 

martedì 4 novembre 2014

Un’oasi modello per gatti e cani

Un’oasi modello per gatti e cani

Cascina Melegnanello di Mediglia, in un ex ricovero per trattori realizzato un rifugio speciale gestito interamente da volontari

Era un vecchio ricovero dei trattori, oggi è un’oasi per i gatti. In uno spazio immenso, a misura di felino, con casette-cuccia collocate ad altezze da brivido, un parco-giardino pieno di rifugi dove nascondersi e riposare e anche alberi dove arrampicarsi per osservare il mondo, lontano dagli scocciatori, vivono 240 mici. Abbandonati, recuperati da altri gattili, arrivano da tutta la regione. L’oasi dei gatti di Mediglia, «Miagolandia», sta diventando un modello anche per molti Comuni. Non gode di sovvenzioni, ma si autofinanzia e sopravvive grazie alle donazioni. A gestirlo sono oltre 30 volontari, che al sabato è facile trovare riuniti per le pulizie straordinarie. La peculiarità di questa oasi è la totale assenza di gabbie: gli ospiti del rifugio hanno a disposizione, in un ambiente caldo e accogliente, stanze e ampi spazi e libertà di movimento. Per gli animali affetti da leucemia felina c’è uno spazio ad hoc altrettanto ampio e con giardino incluso. Miagolandia ha aperto da poco più di un anno e la media di adozioni annuali è già vicina a 500. Numeri da record.
 
C’è lo spazio quarantena, per ii mici al loro arrivo, e la nursery per le mamme con i piccoli; l’ex ricovero dei trattori è diventato uno spazio allestito in modo spartano, modellato sui principi etologici che mirano al benessere dei gatti che, per esempio, amano l’altezza. Ed ecco (nella foto di Nicola Vaglia) semplici cassette installate sui quattro muri della grande stanza principale, a diverse altezze, e in basso dei fori tondi nel muro, tunnel attraverso i quali gli ospiti possono entrare e uscire dall’oasi.
A dare il via al sogno dell’oasi è stata Elisabetta Mascheroni, che con il marito gestisce un’azienda agricola: 53 anni, una gran parte della vita trascorsa negli Usa, aveva già aperto un rifugio ma dovendo trasferire l’attività a Mediglia ha subito immaginato di riconvertire il ricovero trattori. «È isolato dal resto della cascina, ha uno spazio verde a disposizione, altro spazio per parcheggiare, è perfetto. In tre mesi, con due operai, l’abbiamo trasformato.
 
Il progetto? Tutto fatto in casa, essenziale, con riscaldamento a pavimento, una buona coibentazione, superfici facili da lavare. Abbiamo una rete di amicizie con altri gattili, primo fra tutti Mondogatto San Donato».
 
Informazioni per volontariato ed adozioni, email: rifugio.miagolandia@gmail.com e mailrifugio.miagolandia@gmail.com; sito web www.miagolandia.com.
 

lunedì 3 novembre 2014

Romina Power lancia la campagna contro la sperimentazione animale

Romina Power lancia la campagna contro la sperimentazione animale

domenica 2 novembre 2014

Cani e gatti, il cibo può fare male

Cani e gatti, il cibo può fare male

Piatti sempre più sofisticati e dedicati: «Bisogna differenziare per taglia, attenzione agli ossi»
 
Cani e gatti, il cibo può fare male
           
IVREA. Patè di agnello, pollo con julienne di verdurine, manzo cotto al vapore e, per i palati più raffinati, piatti a base di salmone o arricchiti con estratti di semi d’uva e cozza verde. Un menù da gourmet per solleticare i palati sempre più esigenti di Fido e Micio. Sono ormai lontani i tempi in cui i nostri amici a quattro zampe si accontentavano degli avanzi del desco o di una ciotola di latte. Addio anche agli ossi che, secondo recenti studi veterinari, potrebbero causare, se ingoiati, blocchi intestinali e conseguenze anche gravi sulla salute degli animali: «Un’inversione di tendenza – spiega l’eporediese Vittorio Chiriaco, consulente nutrizionista per animali da compagnia, che opera nel settore da ventisei anni - iniziata una quindicina di anni fa.
 
 A differenza di quanto si possa immaginare – ha aggiunto – non si tratta di una moda, bensì dell’esigenza di soddisfare le specifiche necessità nutrizionali degli animali, per mantenerli in salute e favorirne la longevità».
 
«Rispetto al passato – ha puntualizzato un veterinario che opera sul territorio da oltre vent’anni – è aumentato il numero di cani di razza che, rispetto ai meticci, sono più delicati. Inoltre bisogna tener conto che i fabbisogni cambiano anche in base alla taglia e all’età dell’animale. Il cucciolo ha bisogno di più proteine di un esemplare adulto, ma in quantità comunque inferiore rispetto al gatto. Ecco perché dare lo stesso cibo sia ai cani sia ai gatti è un errore da evitare». Ma come districarsi tra le decine di marche e prodotti in vendita? «Il segreto – ha spiegato Chiriaco – è leggere attentamente l’etichetta che elenca tutti gli ingredienti e le percentuali presenti. Maggiore è la percentuale di umidità, minori la qualità del prodotto e l’apporto nutrizionale. Per il cibo umido, inoltre, è meglio prediligere quello composto principalmente di carne fresca».
 
Discorso a parte meritano le crocchette: sugli scaffali di negozi e supermercati ce ne sono per tutti i gusti, forme e colori, con tanto di taglia proprio come per i nostri abiti. Dalla large fino all’extra small, per cagnolini che non superano i quattro chili di peso: «All’apparenza può sembrare un’esagerazione - ha precisato il veterinario – ma, in realtà, ci sono motivi ben precisi. Forma e consistenza delle crocchette dipendono dalla soggettività e dallo specifico morso delle singole razze». Il veterinario fa un esempio concreto per spiegarsi: «Per i cani che si avventano sul cibo, per esempio, sono state create forme che costringono l’animale a masticare prima di inghiottire. Infine – ha concluso il professionista – ci sono le diete mirate a tenere sotto controllo problemi renali, gastroenterici, epatici e dermatiti. Queste ultime, in continuo aumento, possono derivare dall’intolleranza a qualche singolo componente presente nel cibo ed è per questo che prescriviamo alimenti che contengano solo alimenti selezionati o monoproteici».